mostra collettiva Galleria Cristina a Novaggio

con Cristina Calderara Jaime, Paola Rezzonico, Barbara Jaccard, Sabine Fittkau, Rita Demarta, Alisea e Melibea Jaime.

Presentazione di Ivo Zanoni

L’argomento sul quale è incentrata questa mostra, la ruggine, ci ha subito colpito, anzi affascinato perché noi stessi ogni tanto guardandoci attorno nel mondo di adesso abbiamo l’impressione di essere un po’ arrugginiti e di essere incastrati tra il passato e il futuro in un presente già leggermente arrugginito…

La ruggine è una sostanza di colore bruno-rossastro che si forma sulla superficie del ferro esposta all’aria umida o a contatto con l’acqua. Allo scopo di evitare la progressiva distruzione di oggetti di ferro bisogna ricorrere a sistemi protettivi o aggiungeremmo noi, bisogna interpretare questo processo, allargando un po’ l’orizzonte oltre il ferro. Considerare la ruggine, quindi, come qualcosa di inevitabile anche nelle nostre vite: così le nostre ossa arrugginiscono, la nostra memoria, la nostra volontà, le nostre mire, le nostre anime.

E allora?

Arrendersi? Riflettere? Ribellarsi? Accettare?

La ruggine, lo sappiamo tutti, non è un manufatto o qualcosa che desideriamo avere. È il prodotto di un processo di decadimento. Qualcosa che succede senza il nostro apporto e senza che noi lo vogliamo, eppure si presenta prima o poi bussando alla nostra porta. Ci conviene vedere questo processo inizialmente indesiderato, invece, come un passo necessario per poi avere una finestra su un’altra nuova e più ampia realtà, forse anche più rilassata nei confronti del processo di arrugginimento, di invecchiamento, di decadimento. Ora quando si presenta che ne facciamo? Le risposte migliori le danno le artiste che espongono qui le loro opere. Abbiamo così occasione di incontrare una vasta gamma di creatività e di opere eseguite in diverse tecniche.

Rita Demarta

per concludere la nostra rassegna sulla ruggine, ci conduce in un altro campo delle arti figurative. Al di là di essere un’abilissima tessitrice anche lei fa un passo in più e mette le sue abilità a disposizione di un linguaggio artistico elaborato nel quale le sfumature di colore hanno un molo importante. In questa mostra di Novaggio Rita Demarta, per esempio, espone un arazzo che è arricchito o estraniato, se così vogliamo, da un grande chiodo. Cosa vuole esprimere con ciò, forse ci chiediamo. L’arazzo è qualcosa che conosciamo piuttosto per esempio come opera nel cui programma figurativo vengono narrate e glorificate le opere di un grande re, così per esempio una battaglia nella quale ha sconfitto un nemico. Qui invece Rita Demarta ha tessuto una sequenza di righe colorate che narrano qualcosa di meno concreto e aggiungendo quel chiodo, per di più, arrugginito ci sfida a riflettere sull’azione impegnativa e complicata del creare che qui va molto al di là del tessuto comune. Il destino di tutto ciò che viene creato è che può decadere da un momento all’altro. L’astratto della composizione provoca un contrasto stimolante con la tecnica generalmente utilizzata per produrre qualcosa con una funzione prestabilita e molto concreta, cioè il tessuto, la stoffa. Il colore della ruggine lo ha ottenuto ricorrendo a materiali organici. Nelle altre sue opere gli oggetti arrugginiti li avvolge col filo facendo sparire ciò che sta decadendo.

E qui si chiude il cerchio.

Tutto nasce, cresce, fiorisce, decade e rinasce.